Dipingere fa parte del mio essere, mi scorre nelle vene, è parte del mio DNA…dipingo perché non ne posso fare a meno
Così Belinda Biancotti descrive il suo rapporto con la pittura, come un bisogno che la accompagna nella quotidianità, in tutto ciò che fa ed in ogni luogo in cui si reca.
È proprio questa esigenza che ha portato l’artista a disegnare e dipingere sin da giovanissima, spingendola a trovare con tanta determinazione una sua dimensione artistica senza frequentare istituti.
Tuttavia nel 2005 Belinda diventa allieva del pittore Luciano Regoli che le permette di mettere a punto la tecnica della pittura ad olio e della copia dal vero.
Il 24 agosto la Sala espositiva di via Palestro a Capoliveri ha aperto le porte alla personale di questa giovane pittrice elbana, mostrando i principali generi nei quali si è concentrata durante la sua attività.
Ed ecco comparire le figure umane, indagate con grande attenzione e una sensibile volontà di cogliere le particolarità insite in ogni individuo.
Le nature morte
Ottimo mezzo per raccontare storie, situazioni o stati d’animo
e i paesaggi elbani, esercizi di stile che rappresentano per l’artista più un’occasione per recarsi a dipingere all’aperto in compagnia di amici pittori.
Parlando delle opere aventi come protagonista la figura umana risulta chiaro sin da subito come Belinda conosca intimamente ogni protagonista delle sue tele e abbia come obiettivo principale quello di mettere a nudo personalità, paure, specificità di ognuno di essi.
Ritratti come Mariateresa Bacci svela la sensualità tutta femminile di una donna pettinata e abbigliata da uomo: si tratta sicuramente di una persona forte che nella vita ha dovuto tirare fuori il suo lato maschile per affrontare le difficoltà che le si sono presentate davanti.
Un altro aspetto interessante del modo di lavorare di Belinda consiste nell’aspetto ludico di elaborare le composizioni in stretta collaborazione con i suoi modelli, permettendo ad essi di esprimersi e decidere quale aspetto di sé stessi mostrare e quale invece celare.
Altro genere molto caro alla pittrice è la natura morta. Non si tratta però di asettici studi di luce e colore: ogni composizione è costituita da oggetti che colpiscono per la loro carica simbolica e per la loro capacità, una volta accostati, di narrare “pezzi di vita” dell’artista, frammenti tratti direttamente dal mondo di Belinda e dalle esperienze da lei vissute.
Ecco, dunque, che affiorano le origini elbane, la passione per l’alchimia, gli studi da geometra e la credenza buddista
L’artista si svela ai nostri occhi, ci racconta di sé attraverso il linguaggio che ritiene più efficace.
In “Tre tipi di tesori” si osservano tre oggetti corrispondenti a tre tipologie di tesori: il teschio è il tesoro del corpo, il forziere il tesoro “materiale” e il vaso alchemico il tesoro dell’anima.
La composizione è accompagnata da una frase tratta dagli scritti del monaco Nichiren Daishonin vissuto nel 1200:
Più preziosi dei tesori di un forziere sono i tesori del corpo e prima dei tesori del corpo vengono quelli del cuore
Soggetti così intimi e complessi da leggere sono però descritti attraverso una tecnica del tutto tradizionale.
Belinda costruisce le sue composizioni partendo da una griglia, indispensabile per tracciare il disegno che si trasformerà, poi, attraverso le pennellate ad olio.
Ogni tela richiede circa 15-20 giorni di lavoro e, per quanto riguarda le nature morte, l’artista organizza le sue giornate in modo da operare sempre con la stessa illuminazione e, preferibilmente con le stesse condizioni climatiche.
Tradizione, dunque, ma anche coraggio, passione e un pizzico di provocazione sono gli ingredienti che Belinda Biancotti ha “impastato” insieme per soddisfare il suo desiderio di utilizzare il linguaggio pittorico per narrare di sé.
La mostra, patrocinata dal Comune di Capoliveri e organizzata in collaborazione con l’Associazione culturale ArteElba si potrà visitare fino al 31 agosto dalle 19.00 alle 24.00.
Articolo di Alice Betti